L’ultima settimana con i residenti

Dal 29 febbraio al 6 marzo si è svolta la seconda intensa e produttiva settimana della Residenza artistica Suoni e Visioni.

Le artiste e gli artisti sono tornati in Archivio con tenacia e grande entusiasmo,  in giorni delicati in cui da nord a sud si cominciava ad avere la vaga percezione di ciò che avremmo vissuto in seguito.  Gli incontri e il lavoro si sono svolti serenamente e nel rispetto di tutte le regole di sicurezza e distanziamento insieme ai nostri tutor  Francesca Fini Filippo Økapi Paolini .

Lunedì 2 marzo, la residenza ha ospitato l’ultima masterclass in programma: Davide Manuli ha parlato di “Regia cinematografica e sperimentazione musicale”.

 

Mercoledì 4 marzo Luca Ricciardi e Giacomo Ravesi hanno tenuto una masterclass dedicata alla progettazione e hanno incontrato gli artisti per un momento di verifica sui progetti in corso.

 

 

 

La giornata si è conclusa con la proiezione del film Normal di Adele Tulli, presso il MAXXI all’interno di Extra Doc Festival.

Il 6 marzo si è conclusa la residenza. Un’esperienza che ha sicuramente arricchito l’Archivio e dato nuove visioni e nuovi spunti al nostro progetto Unarchive. Gli artisti hanno continuato a lavorare a distanza e stanno concludendo in questi giorni le loro opere.

Quello che ci aspetta è la prospettiva di presentarle in una iniziativa pubblica che, allo stato attuale, ci è impossibile mettere in calendario ma per la quale stiamo immaginando soluzioni alternative.

Siamo molto soddisfatti dei risultati e di ciò che è nato, una piccola comunità artistica che siamo felici abbia “soggiornato” in casa nostra.

 

  • Luca Maria Baldini, Silvia Biagioni, Salvatore Insana, Andrea Laudante, Silvia Cignoli, Alessandro Gattuso si raccontano per Suoni e Visioni durante il lockdown

La residenza “Unarchive, suoni e visioni” per me è stata un’esperienza stimolante sia dal punto di vista artistico che sociale e umano. 

Innanzitutto ho conosciuto persone ed artisti molto validi con i quali c’è stato un continuo scambio di esperienze e di visioni che credo abbiamo arricchito tutti. Le masterclass mi hanno dato molti input e mi hanno fatto conoscere diversi autori che sicuramente mi ispireranno anche per lavori futuri. Ho apprezzato molto l’apertura della fondazione AAMOD che ci ha lasciato libertà totale nell’utilizzare i loro materiali al fine di re interpretarli con gli occhi e la visione dei giorni d’oggi. Un’apertura che non avevo mai riscontrato prima (in altre situazioni dove ci si occupa di archivio e restauro), ma che credo necessaria oggi in un Italia che cerca ancora una conciliazione fra passato e presente. Una conciliazione alla quale i suoni e le visioni degli artisti posso e devono contribuire. 

Lavorare a distanza (e in quarantena) ovviamente non è uguale ad essere li di persona, ad entrare tutti i giorni in archivio, a vedere e confrontarsi con i custodi di queste pellicole preziose. Fortunatamente ho il mio studio in casa, quindi durante questa periodo sono riuscito a lavorare ai miei progetti seppur con il timore e la consapevolezza di non sapere cosa accadrà dopo al mondo e quindi anche alla nostra arte. 

(Luca Maria Baldini)

 

La residenza artistica all’archivio AAMOD è stata un’esperienza bellissima per una *archive nerd* come me, non solo per la qualità dei materiali e la loro rilevanza per l’oggi, ma anche per l’approccio aperto e coraggioso del progetto. Non sono molti gli archivi che incoraggiano un ri-uso creativo, sovversivo del materiale in progetti audiovisivi di natura piu’ sperimentale.

Ma e’ stato molto bello anche vivere il lato più umano e quotidiano dell’archivio, conoscere le persone che ci lavorano da tempo, che contribuiscono a farlo crescere e conoscere, a renderlo presente; e ovviamente lavorare e vivere con altri giovani artisti, scambiare idee ed esperienze. E’ proprio questo lato umano e personale che e’ mancato di piu’ in questo periodo di “chiusura”, nonostante la vicinanza tecnologica, e che non vedo l’ora di recuperare il prima possibile.

(Silvia Biagioni)

 

6 marzo. Ultimo giorno di residenza romana ad AAMOD. 

Al Biondo Tevere si scherzava ancora una volta sull’inquietudine che a tratti vivevamo, a tratti percepivamo appena. 

Il mio treno per Milano alla sera è vuoto. Alla stazione di Rogoredo prendo la macchina, vado a casa. Da quel momento ogni giorno è un assestamento per ciò che si ridimensiona. 

Cerco equilibrio da questo stato. 

Mi rimetto al lavoro sulla sonorizzazione, mi dò delle scadenze precise, il ritmo è sostenuto. 

Intensa è stata anche la residenza. Intenso il captare, il tradurre in suono, l’osservare e il percepire gli intenti di un video in divenire, di un progetto che ha una doppia vita, quella che è depositata nell’archivio e quella che viene re-immaginata dagli artisti in residenza. Una sorta di reincarnazione del materiale audiovisivo.  Il grosso del lavoro è avvenuto durante i giorni romani, con il fondamentale confronto con i tutor e le masterclass. Mentre, al rientro, il lavoro è continuato in remoto. 

Impagabile fu il confronto coi compagni di viaggio.  “Alienante” era una parola ricorrente fra noi residenti. Descriveva ironicamente il nostro stato immerso e concentrato sui progetti, all’interno del romano Archivio AAMOD. Certamente nei posteriori giorni di vera reclusione questa parola ha assunto colori di volta in volta ben diversi, tradurli tutti mi pare ora ancora impossibile, ma dei primi giorni di lock down ne ricordo alcuni, molto caldi, in cui nel mio studio terminavo la sonorizzazione del progetto Suoni e visioni.

(Silvia Cignoli)

 

L’esperienza della residenza suoni e visioni – unarchive è stata per me e per il mio percorso formativo molto importante, sia dal punto di vista umano che creativo. Lavorare con materiali d’archivio mi ha permesso di mettere in pratica le teorie sul montaggio studiate e di fare una riflessione sulle infinite possibilità di riutilizzo del mezzo cinematografico e sulla percezione e trasmissione degli eventi storici e non del secolo scorso.  Collaborare con un musicista che non conoscevo, è stata una sfida interessante e non sempre facile ed ho imparato molto sul metodo di lavoro e sul processo creativo. L’organizzazione della residenza è stata quasi impeccabile, forse nella prima settimana ci sono state troppe masterclass che hanno aggiunto intensità ai giorni già molto intensi che vivevamo. All’Aamod si respira un ambiente piacevole e amichevole, tutti i lavoratori dell’archivio sono stati aperti e disponibili alle richieste e il confronto diretto con i tutor e con gli esperti inviati è stato prezioso per la crescita e il miglioramento del progetto della residenza.  Ringrazio tutti per la bella esperienza che ho vissuto e spero in futuro di rincontrarvi ancora!

(Alessandro Gattuso)

 

Paradossalmente, al di là dell’ovvia condizione di emergenza, eccoci in quel limbo che desideravamo, quell’intervallo in cui abbiamo quasi tutto il tempo che ci serve per leggere, studiare. Vedere, rivedere, pensare e ripensarci, e smetterla, almeno per un po’, con la rincorsa verso i bandi, le open call, i progetti, le scadenze. Con il passare dei giorni emergono pensieri e visioni imprevisti. Distratti, ogni tanto, preoccupati, più per via mediatica o per megafono in divisa, dal nemico invisibile che forse si muove alle nostre spalle. Da non impiegato e senza aver quasi mai avuto l’obbligo di rispettare orari stringenti, la gestione della porzione di giornata dedicata al lavoro non è cambiata moltissimo. È cambiato il tempo dedicato alla vita. Nella totale precarietà dell’avvenire e parziale risicatezza di risorse a cui sono da anni abituato, il trauma della sospensione totale non ha peggiorato molto le cose. Manca, ovviamente, la libertà di movimento, la possibilità di spostarsi senza valido motivo, manca il diritto alla flanerie, quell’intervallo di durata imprecisata che per me è sempre stato il momento più fertile e prezioso per raccogliere immagini, vedute, visioni, non predeterminate e senza obbligo di autogiustificazione. Nella piazza che attraverso nella mia ora d’aria, ieri è apparsa una nuova scritta: “obbedire nuoce gravemente alla salute”. Non tutto è perduto allora. Forse.

(Salvatore Insana)

 

Pensando ai giorni della residenza – giorni in cui la reclusione era ancora una faccenda volontaria – si risvegliano in me sensazioni di nostalgia per i momenti vissuti, di straniamento per il ricordo di una vita che sembra appartenere ad un mondo ormai lontano.

Al di là dell’intenso lavoro, delle lezioni, dello scambio artistico, ciò che porterò per sempre nel mio cuore sono tutti i momenti in cui si è vissuto come in una grande famiglia; in questa esperienza si è realizzato tutto ciò che immaginavo di vivere, tutto ciò che mi ha spinto a partecipare. Credo sempre di più che tutto quello che ci resta e in cui bisogna investire sempre è la relazione con l’altro e in questa residenza ne ho avuto la conferma.

(Andrea Laudante)